L’insonnia viene comunemente definita come la persistente difficoltà nell’iniziare, mantenere stabile e qualitativamente buono il proprio sonno, accompagnata a segni di stress cognitivo diurno, nonostante le condizioni favorenti l’addormentamento siano adeguate.
Nell’adulto, oltre alla difficoltà nell’iniziare o nel mantenere un sonno stabile, viene spesso lamentata un’insufficiente durata del periodo di sonno e la presenza di lunghi periodi di veglia nelle ore notturne. La concomitanza di sintomi diurni come la facile affaticabilità, il calo del tono dell’umore, l’irritabilità e le difficoltà attentive sono criteri necessari per porre una corretta diagnosi.
Nonostante il più delle volte basterebbe adottare semplici regole di buona igiene del sonno affinché disturbi comunemente confusi con l’insonnia possano essere risolti con successo, il disturbo di insonnia vero e proprio non va sottovalutato, sia che si verifichi in soggetti adulti che pediatrici. Nell’adulto, infatti, si associa ad un aumento del rischio di incidenti stradali e sul lavoro, e impatta negativamente sulla qualità della vita e delle relazioni sociali: nel ragazzo e nel bambino si può associare a un un calo del rendimento scolastico, decremento dell’attenzione e a turbe caratteriali.
Sebbene l’insonnia possa talvolta insorgere secondariamente un altro disturbo, tende molto spesso ad assumere un decorso indipendente dalla causa scatenante, anche se quest’ultima viene risolta: questo è il motivo per cui si tende ad avere sempre più un approccio mirato direttamente alla risoluzione dell’insonnia in sé (International Classification of Sleep Disorders. 3nd Ed. Darien, IL : American Academy of Sleep Medicine; 2014).
L’insonnia cronica può essere caratterizzata sia dalla sola difficoltà ad addormentarsi (quantificabile con un aumento della cosiddetta latenza di addormentamento, con limiti diagnostici variabili in base all’età), che dal mantenere un sonno stabile e non frammentato (risvegli infrasonno), oppure da entrambe le condizioni. Oltre a ciò viene considerata la tendenza ad avere risvegli anticipati e un tempo totale di sonno (TST) diminuito rispetto a una precedente condizione di normalità. In ogni caso, il quadro può essere in costante evoluzione e il “grado” di disturbo necessario a farne diagnosi è arbitrario e si basa principalmente sull’esperienza soggettiva di ogni paziente.
Generalmente l’eccessiva sonnolenza diurna non riesce a essere compensata per la difficoltà stessa di fare sonnellini nonostante ve ne sia il desiderio. Questa condizione si associa quindi spesso a una importante riduzione delle performance individuali a lavoro o a scuola.
Il quadro va sempre contestualizzato in base alla frequenza e alla gravità dell’evento: generalmente una corretta diagnosi di insonnia cronica viene fatta per una sintomatologia che si presenti per almeno 3 volte a settimana e persista per almeno 3 mesi senza interruzioni.
L’insonnia cronica colpisce circa il 10% della popolazione (anche il 15-20% nel caso dell’insonnia a breve termine ed il 30-35% in quella di tipo transitorio), per la maggior parte donne, individui che fanno abuso di sostanze o con altri disturbi medici o psichiatrici e persone di basso livello sociale. Può insorgere in qualunque età, ma con maggior prevalenza nelle fasce d’età più avanzate. L’insonnia cronica è più presente tra i giovani adulti, mentre una condizione di risveglio anticipato è più frequente tra i soggetti più anziani.
Persone che hanno difficoltà a dormire durante periodi stressanti, particolarmente ansiose, con una storia clinica depressiva alle spalle o tendenti ad avere in generale un sonno leggero, sono maggiormente predisposti a sviluppare insonnia cronica. Essa può avere un’insorgenza graduale o più brusca, per esempio in seguito ad eventi traumatici nel vissuto individuale (quali lutti, separazioni, ecc.), o a cambiamenti repentini delle proprie abitudini di sonno, dovute ad esempio a turni lavorativi anomali. Patologie concomitanti come la Sindrome delle gambe senza riposo (RLS), la sindrome della Apnee Ostruttive nel Sonno (OSAS), dolore cronico e immobilità rappresentano fattori altresì favorenti.
Non vi è una chiara predisposizione genetica all’insorgenza dell’insonnia, tuttavia si è notata una più alta prevalenza tra parenti di primo grado, con una maggiore associazione tra madri e figlie, anche se sarebbe da escludere che non siano gli ambienti e le abitudini condivise, piuttosto che il rapporto consanguineo, a creare tali relazioni familiari.
Nei bambini la difficoltà ad addormentarsi e/o nel rimanere addormentati è di solito il risultato di un’inappropriata associazione del sonno a degli stimolo specifici, quali per esempio la dipendenza da oggetti, situazioni confortevoli o persone, in assenza dei quali l’addormentamento risulta problematico, oltre alla presenza di incubi frequenti, risvegli definiti come “pavor” o, semplicemente, ansia nel dormire a soli. Se determinati atteggiamenti vengono tuttavia corretti, il sonno nel bambino tende a ristabilizzarsi facilmente.
Qualora i criteri per l'insonnia cronica non venissero soddisfatti si procede con la valutazione di un’eventuale insonnia a breve termine (N.B: l’insonnia a breve termine va differenziata da disturbi transitori dovuti a turbe del ritmo circadiano, jet lag o turnismo notturno).
L’insonnia a breve termine non dovrebbe essere diagnosticate in bambini al di sotto dei 6 mesi.
Nei bambini questo tipo di insonnia può essere causata semplicemente dalla mancanza di una buona igiene del sonno.
Questa diagnosi è riservata ai soggetti che lamentano difficoltà nell'iniziare e mantenere il sonno e che tuttavia non soddisfano i criteri completi per l'insonnia cronica o per il disturbo da insonnia di breve durata.
In alcuni casi, questa diagnosi può essere assegnata provvisoriamente, quando siano necessarie ulteriori informazioni per meglio definire una diagnosi di disturbo da insonnia cronica o da insonnia di breve durata.
Alcune persone con la tendenza a passare eccessivo tempo a letto, per le più svariate motivazioni, quali la mancanza di attività regolari quotidiane come un lavoro, hobby, studio, ecc possono simulare una condizione simile all’insonnia per tempi aumentati di veglia infrasonno e tempi di addormentamento dilatati, senza lamentare, tuttavia, sintomi di eccessiva sonnolenza diurna. Al contrario, esistono anche persone cosiddette “brevi dormitori” per le quali 6 ore di sonno, o meno, sono reputate sufficienti per condurre una soddisfacente vita diurna. In entrambe i casi non sussistono condizioni di patologia degne di nota.