Il sonno, fenomeno misterioso e al contempo riconosciuto come evento profondamente connaturato a ogni forma di vita animale, è un processo indispensabile alla sopravvivenza stessa. Costituisce uno dei più complessi e dinamici fenomeni di pura origine cerebrale, risultante dalla combinazione o alternanza di molteplici processi attivi, neurofisiologici e neurobiochimici. Durante il sonno vi è una riduzione dello stato di coscienza che consiste in una ridotta capacità di rispondere agli stimoli dell’ambiente ma è solo nel secolo scorso che si è passati dal considerare il sonno come un fenomeno negativo (assenza passiva di veglia) al pensare che il sonno abbia una sua fisiologia varia e che sia quindi un fenomeno che origina dal cervello. Grazie all’applicazione di tecniche di studio più moderne e allo sviluppo della medicina del sonno, nel corso degli ultimi decenni sono state acquisite molte nozioni in merito alla sua genesi e natura, alle modalità e ai tempi secondo i quali si svolgono e si susseguono i suoi processi, alle sedi anatomiche e quindi ai sistemi neuronali differenti e sinergici che li sottendono e che sono promotori dell’induzione, approfondimento, mantenimento e interruzione del sonno stesso.
Noi spendiamo circa un terzo della vita dormendo e la qualità della nostra vita è strettamente legata al sonno notturno. Un sonno alterato per durata e/o qualità può causare una riduzione delle performance quotidiane e lavorative dovuta a una sonnolenza diurna che si accompagna a deficit dell’attenzione e, spesso, deficit mnesici, irrequietezza e ansia.
Si riconoscono differenti tipi di sonno sulle base della presenza o assenza di movimenti oculari rapidi, rispettivamente sonno REM (rapid eye movements, REM) e sonno NREM (not rapid eye movements, NREM). Il sonno NREM a sua volta, in base alla minore o maggiore profondità, si distingue in NREM 1, NREM2 e NREM3 (altrimenti N1, N2, N3). Nonostante ad oggi non sia completamente chiarita la funzione (o meglio, le funzioni) del sonno, le fasi REM e N3 sembrano essere quelle più rilevanti e vengono quasi completamente recuperate in termini temporali a fronte di una restrizione del tempo di sonno (ad esempio dopo una notte di veglia). Entrambe queste fasi sono caratterizzate da un’elevata soglia per il risveglio, ma sono profondamente differenti sul piano neurofisiologico, essendo la prima caratterizzata da un’attività elettroencefalografica sovrapponibile a quella del sonno N1 o della veglia, mentre nella seconda predomina un’attività lenta (da cui il nome di sonno ad onde lente, slow waves sleep, SWS). Le fasi del sonno si articolano nel corso della notte in cicli successivi della durata di 70-90 minuti, secondo una sequenza relativamente preordinata (N1 > N2 > N3 > N2 > N1 > REM).
Ad oggi si riconoscono quattro sistemi principali che, interagendo tra loro, regolano il sonno. L’oscillatore circadiano responsabile dell’organizzazione del ciclo sonno-veglia nelle 24 ore è costituito dal nucleo sovrachiasmatico ed è posto a livello ipotalamico. L’oscillatore ultradiano, a livello del tronco encefalico (popolazioni neuronali REM-off e REM-on), fa si che il sonno si articoli in cicli secondo una precisa alternanza NREM-REM. Il sistema omeostatico, che regola la propensione all’addormentamento, trova una stretta correlazione (anche se non l’unica) con l’andamento della concentrazione di adenosina nella corteccia frontobasale, direttamente proporzionale al numero di ore trascorse in veglia. Il sistema dell’arousal regola la stabilità del sonno (addormentamenti e risvegli); sul piano anatomico è costituito dalla sostanza reticolare attivante ascendente e dal suo complesso sistema di integrazione basato sulle oressine, famiglia di neurotrasmettitori prodotti a livello dell’ipotalamo laterale.